Ore 10.26

Siamo ancora qua. 39 anni dopo. Come ogni anno, a ricordare. A cercare di ricucire, poco alla volta quella ferita ormai così lontana ma ancora così vicina. Perché noi non dimentichiamo. Bologna non dimentica, troppo forte fu il colpo che le venne inferto in quel 2 agosto 1980. Così, mentre ogni giorno l’orologio sopra a quella che fu la sala di attesa di seconda classe, lì, immobile alle 10.25, ci ricorda cosa accadde, ogni anno il 2 agosto ci ritroviamo a commemorare le vittime della peggior strage fascista della storia repubblicana. 85 vite innocenti furono spezzate quel giorno, erano persone come noi, erano felici perché andavano in vacanza, forse qualcuno un po’ meno perché rientrava e le ferie erano finite, qualcuno viaggiava per lavoro, chi lo sa. Altri erano lì perché lì ci lavoravano, ma tutti sono rimasti uccisi perché qualcuno aveva pensato che quello era il modo per far si che le cose in Italia andassero in una certa maniera: mettere una bomba e far saltare per aria una stazione ferroviaria.
Ci sono tante storie che ruotano attorno a quel 2 agosto 1980, di coloro che non dovevano essere lì, ma c’erano e questo è costato loro la vita, o quelli che dovevano essere lì e per uno di quei curiosi casi del destino alla fine erano altrove e si salvarono; di quelli che si prodigarono per soccorrere le persone, per dare una mano e rimasero segnati per sempre da quella esperienza.
Ricordare il 2 agosto ogni anno è un dovere, non solo per noi bolognesi, per cui quella ferita non si è mai rimarginata, ma per tutti gli italiani, anche e soprattutto in un momento storico come questo.
In questi tempi di odio reciproco, di cattiveria al potere, di diritti individuali a rischio ricordiamoci di quegli anni che tanto dolore hanno lasciato in questo povero paese. Il ricordo è l’unica strada per evitare di commettere gli stessi errori.

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