La leggenda di Messer Filippo

Stanotte facciamo un viaggio. Nel tempo e nello spazio, ma più nel primo che nel secondo. Andiamo indietro di cinque secoli, ma, per me, facciamo solo qualche decina di km.
Questa è la storia del Fantasma della Torre di Spilamberto, che qualcuno dice di aver sentito piangere e lamentarsi disperatamente dalla sua cella in cima alla torre.
È la storia di Messer Filippo, detto il Diavolino, giunto dalla Spagna con bauli e mercanzie, che arrivò a Spilamberto e vi trovò l’amore e la morte.

Nella torre del castello dei nobili Rangoni, c’è una scala che sale per cinque rampe sempre più strette fino a una stanza col soffitto alto. E’ la prigione dell’antico maniero e gli anelli di ferro ancora infissi nei muri ci raccontano di catene e lamenti di disgraziati. Da una delle pareti parte un’altra rampa di scale che sale ancora più su e nello spazio stretto del sottoscala si apre una porticina che pare una finestra affacciata sul’inferno.
Non è una cella, è un loculo. Un metro e ottanta di lunghezza, un metro scarso di larghezza con un solo punto per stare in piedi e comunque con la schiena piegata (siamo in un sottoscala) e una sola finestra grande quanto un libro e chiusa da un’inferriata, dalla quale non si vede nulla perché i colombi ci hanno fatto il nido e covano beatamente. L’unico altro posto dove stare è uno scalino dove sedersi,ricavato nello spessore del muro esterno, subito sotto alla finestra.
Come possa una persona restare chiusa in un posto simile per mesi o anni senza impazzire non è dato saperlo. Ma Messer Filippo, pur in quelle condizioni ci volle raccontare la sua storia. Rinchiuso in quella cella, forse fatta apposta per l’ occasione, mentre aspettava il boia ebbe il tempo per realizzare il fumetto della sua tragica storia. E per farlo grattò dal muro il nerofumo che lo copriva (prima in quel punto c’ era stato un camino) e lo impastò come poté per farne inchiostro con cui scrisse e disegnò.
Da qua parte la nostra storia, che si dipana in due versioni, coperte dal velo della leggenda e dalla polvere del tempo trascorso.

Messer Filippo era un mercante di stoffe di probabile origine spagnola che in un anno imprecisato del Cinquecento si presentò al castello di Spilamberto, dei nobili Rangoni, per vendere preziosi tessuti portati da oltremare. Venne bene accolto e ospitato a lungo dal signore e dalla castellana che subito fu attratta da broccati e sete, ma anche dal mercante, un uomo «ne colto ne ignorante», ma che aveva viaggiato molto e frequentato nobili e potenti. Così sbocciò una storia d’ amore non proprio platonico e dopo nove mesi nacque un bel bambino che il signore del castello non riconobbe affatto come suo. Non gli ci volle molto a capire chi era il padre. Così Messer Filippo fu rinchiuso nella celletta e poi giustiziato.
Questo racconto è stato ripetuto per anni tra la gente di Spilamberto e col tempo s’è arricchito di inchiostro impastato col sangue e anche del fantasma del Diavolino, che nelle notti d’ estate qualcuno sente ancora piangere e disperarsi.

Ma negli anni, (la cella fu scoperta nel 1947 durante dei lavori di ristrutturazione), studiando quelle iscrizioni sono stati trovati dei particolari che non tornano e che sembrano raccontare una storia differente che parte da una frase ritrovata e che collocherebbe il nostro protagonista non in Spagna ma nelle Marche

In questa seconda versione si ipotizza che Messer Filippo sia stato al servizio di Caterina Cybo, la nobildonna che nel 1520 sposò Giovanni Maria Varano, duca di Camerino. Sette anni dopo Caterina rimase vedova e quando arrivò il momento non rispettò la volontà del defunto marito il quale aveva lasciato detto che sua figlia Giulia, di 13 anni, andasse sposa a uno dei Varano di Ferrara. Caterina invece, per motivi non proprio sentimentali, la fece maritare con Guidobaldo II della Rovere. Per impedire il matrimonio diversi pretendenti al ducato attaccarono Caterina, ma alla fine lei ebbe partita vinta e quello che ci rimise più di tutti fu tal Venanzio di Serra San Quirico, che aveva appoggiato uno dei pretendenti sconfitti tradendo la fiducia di Caterina. Lei non dimenticò lo sgarbo e appena possibile gli fece tagliare la testa. La conclusione di questa seconda interpretazione dei graffiti è che probabilmente Messer Filippo venne rovinato dalla stessa donna, Caterina Varano. Nelle sue scritte, infatti, il disgraziato parla di una sovrana che aveva una figlia di nome Giulia, alla quale la madre mise un laccio d’ oro al collo (il matrimonio col Della Rovere?). E vien da pensare che sia proprio lei la donna di cui Messer Filippo si innamorò perdutamente. Ma perché lei lo volle rovinare?
«La mia vita fu martorizata», dice Filippo a un certo punto, ma non dice il perché di tanto rancore nei suoi confronti.
Chissà, forse tra le due storie – l’ avventura con la castellana e l’ antico amore per Caterina la vendicatrice – ci sia un legame che ci sfugge? Si tratta forse di un’ unica storia che non riusciamo più a dipanare?
Forse i restauri delle vecchie scritte, in parte andate cancellate dal tempo ci diranno la verità su questa storia di amore e morte nell’Emilia del 1500

Alla torre del castello dei Rangoni di Spilamberto è legata anche la leggenda del drago Magalasso, cantata anche dai Modena City Ramblers assieme a Paolo Rossi nel brano “La Fola Del Magalas”, contenuto nell’album “La grande famiglia” del 1996, ma di questo parleremo un’altra volta.

[Un ringraziamento particolare all’Associazione “Le Botteghe di Messer Filippo” di Spilamberto, fonte delle informazioni usate in questa storia]

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