Apatia. Tristezza. Senso di vuoto e di inutilità. E anche un certo senso di colpa. Questi sono i sentimenti che provo in questi giorni. Passerà tutto. Me lo dicono le persone che mi sono fisicamente vicine, la mia famiglia. Papà e marito soprattutto. Mamma meno. Abbiamo sempre avuto un rapporto che non definirei difficile, ma strano di sicuro. Lei non farà mai un passo per venirmi incontro, difficile che lo faccia io. Ma so che lei è lì, un personaggio sullo sfondo, quasi immobile, ma che vigila su di me, pronta ad intervenire e se sarà necessario lo farà e in quel momento avrà una forza dirompente, capace di spaccare in due una montagna per quella stronza di sua figlia. Ma nonostante la vicinanza di queste persone, alla fine sono sola a combattere la mia guerra. Perché si svolge tutta nella mia testa e lì dentro non ci può entrare nessuno. Perché i mostri sono miei e solo miei. Io li ho creati e io devo tenerli a bada. Questa volta è dannatamente dura. Sto male da quattro giorni ormai, vado al lavoro ma cerco di nascondermi per non dover parlare con nessuno, anche se nella mia posizione è obiettivamente difficile.
Che voglia di prendere una giornata solo per me e andarmene via, non so dove, ma non importa, basta che ci sia il sole e una strada da percorrere, un panino preso all’autogrill e un pacchetto di sigarette, con indosso un paio di vecchi jeans e una felpa scolorita. Fermarsi dove capita, bere un caffè in un vecchio bar nella piazza di un qualche paese del nostro Appennino oppure in qualche città dove non mi conosce nessuno e dove posso girare liberamente. Perché i mostri hanno paura dell’aria aperta. Temono il sole, il vino e le persone allegre attorno a me. Vorrebbero trascinarmi con loro in fondo al loro antro schifoso da dove sono usciti, ma non ce la faranno. Vincerò io, anche se non so quanto tempo servirà.
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