Per caso stasera, risvegliandomi sul divano, infreddolita e ingastrita, mi è venuta in mente questa canzone, che ho sempre adorato perché descrive a meraviglia un periodo della mia vita di cui conservo un ricordo particolare. Avevo poco più di vent’anni e la vita da nomade che racconta il pezzo la vivevo anch’io, peraltro più o meno nello stesso periodo in cui fu pubblicata (il brano è del 1998, io vissi quel periodo tra il 1999 e il 2003). Le notti passate in giro ritornando da improbabili serate da qualche parte, qualcuno che dorme, gli altri che parlano, stanchi morti, spesso con i postumi di qualche canna e qualche birra di troppo, la stanchezza, quell’odore persistente di sudore, alcool e sigarette che inevitabilmente avevamo tutti, stretti in macchina o sul furgone. Io unica donna con cinque uomini, cinque persone meravigliose che mi sono rimaste nel cuore e che per fortuna ancora vedo, sia pure con i tempi a cui ci costringe la nostra vita ora che abbiamo più di quarant’anni o quasi cinquanta nel caso di alcuni di loro.
Quel periodo di libertà e illusioni che tutti viviamo a quell’età, quando pensiamo di poter fare ciò che vogliamo, di poter decidere della nostra vita, prima di scoprire che molto spesso invece è lei a decidere per noi ed è già tanto se non ci resti stritolata, come purtroppo è capitato a diverse persone che facevano parte della mia vita in quel periodo.
Eravamo davvero una “Manica di folli fannulloni / senza doveri, senza coglioni” come recita il testo di questa canzone. Vivevi alla giornata, la tua programmazione più lunga arrivava si e no ad un mese, al prossimo esame all’università, poi chi lo sa, vedremo, intanto suoniamo, cantiamo, facciamoci un canna e svuotiamo qualche birra, tanto il mondo è nostro e noi ne faremo un posto migliore, perché potremo cambiare quello che vogliamo.
Poi all’improvviso ti volti indietro e quei momenti fanno già parte del tuo passato. E’come se ti fossi girata un attimo ed è passata un’eternità. I vent’anni se ne sono andati, i trenta anche, adesso non pensi più che potrai cambiare il mondo come in quegli anni, è già molto se riesci a fare qualcosa per raddrizzarlo un pochino, anche se per molti è già tanto riuscire a sopravviverci in quel mondo. Il lavoro, la famiglia, i figli… la quotidianità macina i sogni e le utopie del passato e ci restituisce una specie di polpettone fatto di nostalgia e di ricordi, spesso di rimorsi e rimpianti. Il mondo non lo abbiamo cambiato, è sempre lì, perché poche persone cambiano veramente il corso della storia. Però è stato bello sognare di poterlo fare.
Amici miei, qual era il nome del paese
dove, in culo alla balena, abbiam suonato questa sera.
Il nome non l’ho mai sentito, qui pure Cristo si è fermato,
ci vorrà la notte intera per tornar.
Notte da guinness da primato e voi scusate se ho stonato
sulla strofa, proprio all’ultima canzone.
Notte di curve mozzafiato, il chitarrista innamorato
bagna con l’alcool il suo perduto amor.
Nella macchina strapiena guida chi si regge in piedi,
e chi non dorme ha ancora voglia di parlar:
geniali considerazioni, questa è alta filosofia
che il senso della vita svelerà.
Branco di colpevoli cialtroni,
senza doveri, senza coglioni,
probabilmente la libertà
è una giga irlandese che va.
Sicuramente anche Cartesio un giorno si sarà ubriacato
e a Rosa Luxemburg piaceva far l’amore per amore.
Persino Einstein andava matto per i seni prosperosi,
anche Petrarca il celestiale ha fatto aria dal sedere.
Col tempo si dimentica, ma io non scordo lei,
l’ispiratrice del mio primo turbamenento.
Rinnegai per amor suo, l’intimo mio timor di Dio,
ma nella stanza allora c’ero solo io.
Banda di maldestri masnadieri,
senza coglioni senza doveri,
probabilmente la libertà
è una giga irlandese che va.
Incontrando sulla via le prime luci del mattino
vi confido un intimo segreto.
Sarò sì sentimentale, però quanto dico è vero,
tra le coscie di Moana sarei stato giorni interi.
Manica di folli fannulloni
senza doveri, senza coglioni,
probabilmente la libertà
è una giga irlandese che va.
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