Un pomeriggio di ottobre, con il cielo grigio, la nebbia della sera che sale dal fondovalle e comincia ad avvolgere tutto.
Una strada che corre lungo le colline, vigneti e campi arati pronti per la semina. Il clima dolcemente decadente dell’Appennino in autunno.
Quante cose sono successe, quante ne stanno succedendo, tutto muta in continuazione in questo grande frullatore che è il nostro tempo, che aspira, trita e risputa gli eventi, tristezze, gioie, amori, passioni, sesso, vita.
Sarà perché l’autunno spinge di più a pensare, con le sue giornate che si accorciano, e tutto il resto.
Un blues lento e indolente fa da sottofondo a questi momenti di pensieri che viaggiano liberi mentre l’auto scavalca colline e buca banchi di nebbia.
La testa vola, viene da te che hai scardinato le mie difese e hai preso possesso della mia mente, poi subito dopo da lui, che nella mia mente e nel mio corpo ci alberga da sempre e ti chiedi come si può volervi entrambi, senza distinzione, perché in fondo l’amore si può anche moltiplicare, non per forza solo suddividere.
Pausa. Sosta.
Scendi dall’auto, Chiara, accenditi una sigaretta fermati ad ascoltare il canto degli uccellini, i bramiti dei cervi, i richiami dei rapaci. Lasciati coccolare dalla tua terra. Non puoi salvare il mondo, non puoi salvare probabilmente nemmeno te stessa, non puoi salvare nessuno. E allora lascia che la vita, con le sue emozioni, tristezza, gioia, passione, amore, fluisca libera dentro di te, assapora ogni istante non lasciare nemmeno le briciole, vivi, sempre alla massima intensita, esagera, come fai sempre, perché non sai vivere diversamente.
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